VIAGGIO NEL LUOGO DELL'ABISSO (TESINA)
a cura di Anna Renis
MONUMENTO AGLI EBREI ASSASSINATI D'EUROPA
Peter Eismann è un architetto statunitense.La sua opera si compone di 271 steli di nudo cemento piantate come un bosco pietrificato della Memoria fra i due poli simbolicamente più densi della nuova Repubblica di Berlino.Il Monumento all’Olocausto si deve all’iniziativa d’una persona sola: la signora Lea Rosh,òa quale ha difeso con le unghie e coi denti dal 1988 e per 17 anni di seguito il suo progetto, cosi quel gigantesco campo di steli ha visto la luce nel cuore di Berlino: piantato proprio lì dove, dal gennaio del 1933, l’olocausto è stato concepito e lentamente germinato.Peter Eisenmanarchitetto,afferma che nonostante il riferimento alle vittime ,il monumento in realtà “non è per le vittime dell’olocausto“. Ma “uno per la popolazione tedesca“. Uno spazio pubblico drammaticamente eretto al centro di Berlino affinché tedeschi e stranieri “possano visitarlo senza sentirsi in colpa“, spiega oggi Eisenman.
"Grandi crimini hanno bisogno di grandi monumenti"
Lea Rosh
Storia: Campi di concentramento nazisti
Prima della Seconda guerra mondiale, esistevano in Germania diversi campi di lavoro. In seguito all’avanzata tedesca, nei lager vennero rinchiusi donne e uomini di nazionalità diverse: particolarmente numerosi erano gli ebrei, deportati da tutti i paesi europei, ma vi erano anche sodati russi o polacchi prigionieri, partigiani di diverse nazionalità, zingari, omosessuali, testimoni di Geova. Al loro arrivo nel campo, i prigionieri subivano una prima selezione: solo gli uomini e le donne giovani e dall’aspetto sano venivano inviati al lavoro. Gli altri ,anziani, malati, bambini venivano immediatamente eliminati nelle camere a gas. Ai prigionieri che non venivano eliminati subito erano assegnati lavori da svolgere nel campo o nelle fabbriche vicine. Nel corso della guerra infatti le industrie tedesche, in particolare quelle belliche, potevano utilizzare una manodopera a bassissimo costo (dovevano solo pagare una quota per i prigionieri alle SS), che veniva sfruttata fino all’esaurimento delle forze. Poi, i prigionieri che non erano più in grado di lavorare venivano eliminati nelle camere a gas e sostituiti con i nuovi lavoratori. Oltre ad aumentare la produzione, il lavoro nei lager permetteva di raggiungere un altro obiettivo considerato ugualmente utile dai tedeschi: lo sterminio delle razze considerate inferiori,ebrei in primo luogo, ma anche zingari e slavi e degli oppositori. La vita media di un prigioniero in lager era inferiore ad un anno, perché l’alimentazione era insufficiente, gli abiti troppo leggeri per riparare dal freddo intenso dei mesi invernali, le condizioni igieniche disastrose , i prigionieri spesso dormivano in due o tre per letto e non avevano sapone per lavarsi, i ritmi di lavoro massacranti anche per persone bene alimentate. Fatica, freddo, fame, malattie portavano rapidamente alla morte. Prima della guerra, nella Germania nazista il lavoro forzato era associato al modello Dachau: i nemici del nazismo ,gli indesiderabili, come senza fissa dimora, omosessuali, criminali, dissidenti politici, comunisti, ebrei, e chiunque fosse considerato irregolare dal regime erano costretti al lavoro “per la rieducazione.
Testimonianza di un sopravvissuto
Primo Levi chimico torinese sopravvissuto ad Auswchitz,nel suo libro documento,con un linguaggio semplice, chiaro descrive la vita del campo,la scansione del tempo,le condizioni dei prigionieri.Riflette sulla nostra lingua e non riesce a trovare in essa le parole che possano esprimere questa offesa,la demolizione di un uomo.
Levi scrive che più giù di cosi non si può andare,una condizione più misera non c'è in questo momento della storia, l'uomo ha toccato il fondo.
Ai prigionieri non appartiene più nulla, viene tolto tutto:gli abiti,i capelli,le scarpe,il nome. E la fatica immane che essi fanno in questa condizione è quella di ricordare ,il loro nome e qualunque cosa passata legata al proprio nome, che alla fine potrà ricordargli chi fossero. Nei campi la vita era particolarmente dura,anche sotto il profilo psicologico. Nei lager i deportati subivano ogni sorta di vessazione, derisi,umiliati,annientati nella loro dignità di uomo e di donna; qui si è realizzata la degradazione dell'uomo,prima ancora della sua soppressione nello sterminio di massa.
Il lager è un mondo di negazione,di disumanità,di annientamento della dignità sia nelle vittime che negli oppressori. Il lager è il luogo dell'ossimoro,della contraddittorietà,è un universo a rovescio:domina solo il presente,in ogni gesto in ogni azione,in ogni pensiero, annullata l'individualità di ogni prigioniero ciò che egli può fare è solo pensare e sperare di superare il freddo,la fame e sopravvivere un altro giorno.
"Distruggere l'uomo è difficile quasi quanto crearlo: non è stato agevole,neanche breve,ma ci siete riusciti". P.Levi
"Tutto inizia a Norimberga e tutto finisce a Norimberga"
Il processo di Norimberga è il più importante processo effettuato contro criminali di guerra nazisti. Le sessioni del tribunale si svolsero dal 18 ottobre 1945 al 1 ottobre 1946 a Norimberga, città situata nella regione tedesca della Baviera.I capi d’imputazione erano: crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e cospirazione per commettere tali crimini.Il principale accusato era Hermann Goring, secondo di Hitler, comandante in capo della Lutwaffe e ritenuto il più alto organizzatore della “soluzione finale della questione ebraica” (condannato a morte, si suicidò il giorno stesso in cui doveva essere eseguita la sentenza). Furono poi processati uomini di spicco del partito , ministri , alti funzionari della burocrazia centrale , responsabili di ambiti quali gli armamenti e i trasferimenti dei deportati , alti gradi militari. La maggior parte degli imputati erano pesantemente implicati nello sterminio degli ebrei. Gli accusati dichiararono di non essere a conoscenza dei fatti: la principale argomentazione della difesa fu incentrata sull’essere semplici rotelle di un ingranaggio. Tutti gli accusati si trincerarono dietro la stessa scusa: avevano ubbidito a degli ordini, e colui che impartiva gli ordini era Hitler. Ma contro di essi c’era una enorme quantità di prove. Alcuni furono condannati a morte,altri all'ergastolo,qualcuno rilasciato. Molti non furono processati perché scapparono in sud America sotto falso nome. Inizialmente il processo si doveva svolgere a Berlino, ma tra le rovine della capitale non c'era più nessun edificio e nessuna prigione adatto allo svolgimento. Così fu scelta Norimberga dove il palazzo di giustizia e l'adiacente prigione erano rimasti quasi illesi dalle distruzioni della guerra. Norimberga aveva inoltre un valore altamente simbolico per lo stato nazista: era qui che Hitler tenne i congressi del partito nazista,è qui che hitler scrive il Meinkumpf, e, la città era ritenuta la capitale ideologica del nazismo.Il processo di Norimberga fu un evento che scosse profondamente la coscienza dei tedeschi. Molti sentirono per la prima volta da una fonte ufficiale i racconti delle terribili crudeltà che erano state commesse in nome della Germania e della cosiddetta "razza ariana". Altri sentirono solo la conferma di quello che si sapeva già o almeno si era intuito da molto tempo. Per molti fu comunque uno shock che provocò una vergogna profonda e che avrebbe lasciato, nella coscienza collettiva dei tedeschi, dei profondi segni.Nei 20 anni dopo la guerra molti tedeschi volevano solo una cosa: dimenticare. Il modo più efficace di scrollarsi di dosso la responsabilità per quello che era successo durante il nazismo fu per molti affermare di non avere visto, sentito e saputo niente dei crimini dei nazisti. Solo a partire degli anni '60 e '70 iniziò in Germania una rielaborazione collettiva del nazismo, non sempre facile, spesso osteggiata e per molti dolorosa.
« Quando i libri vengono bruciati, alla fine verranno bruciate anche le persone »
Heinrich Heine
Chiamata, in origine, Opernplatz (Piazza dell'Opera). Qui il 10 maggio 1933 avvenne il rogo in cui i nazisti bruciarono circa 25.000 libri ritenuti pericolosi. Questo evento è ricordato da un'opera di MichaUlmann, consistente in un pannello luminoso inserito sulla superficie della strada, che lascia intravedere una camera piena di scaffali vuoti. Nel 1947 cambiò nome e divenne Bebelplatz, dedicata al politico August Bebel.
Italiano: Giuseppe Ungaretti, Il dolore
GIUSEPPE UNGARETTI: IL DOLORE
Gli autori studiati abbracciano il loro periodo vitale della prima metà del 900,anni forti,cruenti per la presenza delle due guerre mondiali.Tra di essi colui che meglio riporta la realtà della guerra è Giuseppe Ungaretti.Egli vive in prima persona la grande guerra e le sue poesie possono essere definite visive, in quanto ci fanno entrare nella realtà della guerra. La raccolta del "Il dolore", vede il ritorno della biografia nella poesia di Ungaretti, in seguito alla morte del figlio Antonietto , a cui dedica alcune delle liriche. Questa raccolta è molto significativa e importante sia dal punto di vista letterario che biografico. Il poeta assume quindi due forme diverse: da una parte, abbiamo un Ungaretti che racconta il dolore personale, dall'altra quello che narra e converte in versi il dolore collettivo, e di fronte ad un dolore cosi profondo l'autore si appella alla solidarietà e alla pace. Le sue poesie riportano parole crudeli e realistiche come immagini,egli ci comunica l'orrore della guerra,della disumanità della morte,l'ansia e il desiderio di vita.La sua poesia è tutto un balenare di immagini, attimi di vita vissuta, che ne fanno una serie di frammenti autobiografici, espressione di questa ricerca interiore. Il poeta stesso affermò:"che non vi può essere né sincerità né verità in un’opera d’arte se in primo luogo tale opera d’arte non sia una confessione".Nasce così lo stretto legame fra poesia ed esperienza autobiografica, con la constatazione della solitudine umana e del dolore che, da esperienza individuale, diviene esperienza comune e condivisa.Giuseppe Ungaretti rende la parola il veicolo immediato, comunicativo, evocativo della condizione miserevole dell’uomo di fronte ad un altro uomo e fu durante la guerra, vedere la vita mescolata alla guerra, il primitivismo barbarico , i soldati alle prese con la cecità delle cose, a portarlo a provare per i suoi simili uno sgomento e un’ansia smisurati e una solidarietà paterna.
Fratelli, Soldati
· Sia in Fratelli, sia in Soldati, il senso di fragilità e caducità viene espresso dall’immagine delle foglie autunnali. In Fratelli si tratta di una foglia appena nata; in Soldati la similitudine fra la condizione dei soldati al fronte, dove la vita è sempre in pericolo, e le foglie autunnali occupa l'intero componimento. Notevole è il verbo iniziale .Si sta in una forma impersonale che vuole accomunare la situazione del soldato a quella di tutti gli uomini, una situazione di precarietà evidenziata nel passaggio dal verbo di stasi al tragico ed impercettibile movimento verso la morte.
Non gridate più
La poesia è ispirata alla seconda guerra mondiale,ed è quasi un invito da parte del poeta ai superstiti invitandoli a rispettare il sacrificio dei caduti in guerra e di non odiare.La poesia è divisa in due parti e fa parte della raccolta il dolore,ed è basata sul contrasto tra i vivi e i morti:al gridare dei vivi si contrappone l'impercettibile sussurro dei morti che invitano a superare gli odi e le divisioni di parte che nei primi anni del dopoguerra,ancora sconvolgevano la vita politica e civile italiana ed europea. il messaggio dei caduti è significativamente paragonato all’immagine vitale del crescere dell’erba,che si contrappone a sua volta al carattere mortuario dell’azione dei vivi. si delineano dunque delle associazioni paradossali. ai morti corrisponde un messaggio vitale, e ai vivi invece corrisponde la violenza della distruzione e della morte.
«Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di
udirlo. Dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori
stavano urlando»
Eduard Munch
Storia dell'arte: eduardMunch
ESPRESSIONISMO
L’espressionismo è la corrente culturale che sorta, in Germania all’inizio del 900, come reazione all’impressionismo e al naturalismo e affermatosi in origine nel campo delle arti figurative, si estese poi alla letteratura, alla musica e al cinema, proponendo una rivoluzione del linguaggio che contrapponeva all’oggettività dell’impressione la soggettività dell’espressione. L’Espressionismo interessò tutte le arti ed ebbe come campi privilegiati la pittura e il teatro, anche se lasciò creazioni di alto livello anche alla lirica e ai poeti.
La prima definizione "L’espressionista guarda, l’espressionista vede" ci consente di avere un’idea per contrapposizione: a differenza dell’impressionista, la cui anima si localizza nell’occhio, l’espressionista vede senza doversi servire degli occhi, vede a prescindere da ciò che gli occhi e gli altri sensi gli possono offrire, perché vede prescindendo dalla realtà esteriore perché dotato di una propria visione interna. Egli è artista in quanto veggente. L’identità dell’espressionismo è probabilmente da ravvisare in una contraddizione insanabile fra opposte tendenze che affondano le proprie radici nella situazione della Germania in convivono arretratezza sociale e politica e impetuoso sviluppo capitalistico. Spirito comunitario e individualismo esasperato, fede nella ragione umana e aperture irrazionalistiche verso la trascendenza, supremazia dell’intelletto sul sentimento ed esaltazione dell’emotività e dell’istinto si intrecciano così nell’espressionismo in una convinzione irrisolta che determina la contraddittorietà delle sue posizioni, l’impossibilità di fissare una poetica nuova, un programma teorico preciso.
Eduard munch
Edvard Munch (1863-1944) è senz’altro il pittore che più di ogni altro anticipa l’espressionismo, soprattutto in ambito tedesco e nord-europeo. Egli nacque in Norvegia e svolse la sua attività soprattutto ad Oslo. Nella pittura di Munch troviamo anticipati tutti i grandi temi del successivo espressionismo: dall’angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi, dalla solitudine umana all’incombere della morte, dalla incertezza del futuro alla disumanizzazione di una società borghese e militarista. Del resto tutta la vita di Munch è stata segnata dal dolore e dalle sofferenze sia per le malattie che per problemi familiari. Iniziò a studiare pittura a diciasette anni, nel 1880. Dopo un soggiorno a Parigi, dove ebbe modo di conoscere la pittura impressionista, nel 1892 espose a Berlino una cinquantina di suoi dipinti. Ma la mostra fu duramente stroncata dalla critica. Egli, tuttavia, divenne molto seguito ed apprezzato dai giovani pittori delle avanguardie. Espose nelle loro mostre, compresa la celebre Secessione di Vienna del 1899. Il sorgere dell’espressionismo rese sempre più comprensibile la sua opera. E al pari degli altri pittori espressionisti fu anche egli perseguitato dal regime nazista che dichiarò la sua opera «arte degenerata». 82 sue opere presenti nei musei tedeschi vennero distrutte. Egli morì in piena guerra, nel 1944.
E così, nei quadri di Munch il tormento affonda le sue radici in una dimensione psichica molto più profonda e per certi versi più angosciante. Una dimensione di pura disperazione che non ha il conforto di nessuna azione salvifica, neppure il suicidio.
Il Grido
Nel Grido il simbolismo di munch è più maturo e il suo messaggio più angosciante.
E' una delle opere più inquietanti di tutto il Novecento. Il dipinto è realizzato nel 1893 ed ha un carattere fortemente autobiografico
"Camminavo lungo la strada con due amici
quando il sole tramontò
il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue
mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco
i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura
e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura"
ed è ricca di riferimenti simbolici. L'uomo in primo piano esprime,nella solitudine della sua individualità,il dramma collettivo dell'umanità intera.
La tavola raffigura un ponte che attraversa, in diagonale da sinistra a destra, i due terzi inferiori dello spazio. Una figura vestita di scuro è dipinta in primo piano, quasi nel mezzo. Due piccole figure maschili si scorgono sul ponte in alto.. A destra vi è un paesaggio collinare cupo in cui si inserisce un lago o un braccio di mare chiaro; sopra, un cielo formato da strisce ondulate di colore. Il ponte è trattato con un fascio di linee rette di colore che hanno origine nell’angolo a sinistra e si aprono tutte sulla base. Il resto della superficie è trattato con colori ordinati in curve. Tutte le linee sembrano convergere verso il centro del dipinto, la testa urlante, gli occhi fissi e guance incavate ricordano un teschio. La figura sinuosa porta le mani al viso con l’orrore degli occhi spalancati.
L'uomo che leva alto e inascoltato , il suo urlo terribile è un essere serpentinato,quasi senza scheletro,fatto della stessa materia filamentosa con cui sono realizzati il cielo infuocato, composto da onde sovrapposte di giallo e rosse inframmezzate da sottili lingue di bianco e di azzurro.
Al posto della testa vi è un enorme cranio,senza capelli,come di un sopravvissuto ad una catastrofe atomica. Le narici sono ridotte a due fori,gli occhi sbarrati sembrano aver visto qualcosa di abbominevole,le labbra nere rimandano a loro volta alla morte.
E l'urlo disperato e primordiale che esce da quella bocca straziata si propaga nelle pieghe di colore del cielo,della terra e del mare,è l'urlo di chi si è perso dentro se stesso e si sente solo,inutile e disperato anche fra gli altri. Gli occhi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato. Il naso è quasi assente, mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. L’ovale della bocca è il vero centro compositivo del quadro. Da esso le onde sonore del grido mettono in movimento tutto il quadro: agitano sia il corpo dell’uomo sia le onde che definiscono il paesaggio e il cielo.
Restano diritti solo il ponte e le sagome dei due uomini sullo sfondo. Sono sordi ed impassibili all’urlo che proviene dall’anima dell’uomo. Sono gli amici del pittore, incuranti della sua angoscia, a testimonianza della falsità dei rapporti umani.
L’urlo di questo quadro è una intesa esplosione di energia psichica. È tutta l’angoscia che si racchiude in uno spirito tormentato che vuole esplodere in un grido liberatorio. L’urlo rimane solo un grido sordo che non può essere avvertito dagli altri ma rappresenta tutto il dolore che vorrebbe uscire da noi, senza mai riuscirci. E così l’urlo diviene solo un modo per guardare dentro di sé, ritrovandovi angoscia e disperazione
Per l'interpretazione di quest'opera molta importanza si attribuisce,oltre alla forma ed ai colori, al gesto. L'uomo che preme le mani sulle orecchie non vuole,proteggersi l'udito dal suo urlo troppo squillante, bensì esprime una dualità. Quella di un’umanità che soffre e quella di un’umanità che non vuol sentire quell'urlo di dolore.
L'urlo di Munch è un manifesto all'indifferenza, è una condanna, è una condizione esistenziale resa in pittura.
"E' un Dio che è morto
Nei campi di sterminio Dio è morto
Coi miti della razza Dio è morto
Con gli odi di partito Dio è morto"
Nomadi
Filosofia: Nietzsche,Dio è morto
Nietzsche viene ricordato come una figura singolare,eccentrica e paradossale,comunemente legata alla elaborazione della teoria dell "oltreuomo" e alla proclamazione della "morte di Dio".
Friedrich Wilhelm Nietzsche nasce il 15 ottobre 1844 in un piccolo villaggio della Sassonia prussiana. Figlio di un pastore protestante, il piccolo Friedrich viene cresciuto in un'atmosfera carica di sentimento religioso, seppur stemperato dalla mitezza tipica dell'approccio riformato.
Morto il padre nel 1848, la madre si vede costretta a trasferirsi in un altra cittadina dove poteva contare sull'aiuto di numerosi parenti.
Egli sin da piccolo studia la Bibbia e dopo la morte del padre vive in un ambiente tutto femminile, e la sorella elisabeth è legata in modo morboso al giovane tanto da ostacolarlo persino nel matrimonio.
Egli sarà insegnante, appassionato di musica classica e stringerà amicizia con Wagner.
Dal 1889 egli si distacca dalle amicizie, si sente fuori da ogni legame con gli uomini del suo tempo; la follia si fa strada nella sua mente portandolo sull'orlo dell'abisso,e, la follia lo accompagnerà per 11 anni , egli muore nell'agosto del 1900 .
Il pensiero di Nietzsche si può dividere in 3 grandi fasi:
• la prima definita romantica
• la seconda illumistico-critica
• e la terza dell'eterno ritorno e della volontà di potenza .
Nietzsche viaggiò molto ,sia per la sua salute malferma ma anche perché il viaggio per lui rappresentava una ricerca verso la verità,tema che diventerà oggetto di riflessione e studio.
La verità è un punto cruciale nelle filosofia di Nietzsche egli osserva che i filosofi e la stessa scienza hanno indagato la verità , ma non hanno affermato in che cosa consiste. Con Nietzsche la verità si presenta come qualcosa di problematico, che dipende dalle nostre costruzioni linguistiche e teoriche, la verità è interpretazione. Da ciò ne consegue che non esiste una verità assoluta poiché tutte le verità dipendono dalla storia e dalla soggettività; non esiste un unica interpretazione della realtà ma il mondo racchiude infinite interpretazioni. E' compito della filosofia mascherare le credenze che dominano in tutti i campi della cultura, poiché sono un invenzione per rassicurare l'uomo che non riesce a sopportare la sofferenza che deriva dalla irrazionalità dell'esistere .
Sin dall'antica Grecia i filosofi hanno elaborato diverse forme di menzogna con lo scopo di proteggere l'uomo che danza sui piedi del caso e quindi hanno creato l'immagine di un cosmo ordinato, ideale che è al di là del mondo concreto.
Lo stesso Dio è il prodotto della tradizione metafisica. Dio ,secondo Nietzsche ,è la nostra più lunga menzogna per proteggere gli uomini dal caos e dall'ignoto. è una grande bugia, che però ha avuto una grande funzione storica, cioè rassicurare gli uomini e sostenerli nel sopportare la dura condizione umana.
La credenza collettiva ha prodotto sicurezza e ordine sociale dando l'illusione della felicità. Ma nel corso della storia Dio è morto: in questo consiste il Nichlismo. Gli uomini hanno ucciso Dio in virtù della loro ragione,con le scoperte scientifiche; insieme a Dio gli uomini hanno ucciso tutto quello che egli rappresentava e si sono trovati soli, privi di certezze , dei valori che li aveva sostenuti in passato.
Dunque bisogna prendere atto della morte di Dio ed è un messaggio che deve giungere alle coscienze di ognuno perché gli uomini non hanno capito le terribili conseguenze di questo fatto. In un mondo o dominato dalla scienza e dalla tecnica la religione perde il suo senso e si affermano i nuovi miti del progresso , della scienza , dello stato, del socialismo.
Dio è morto ma gli uomini non si sono resi conto del vuoto che egli ha lasciato ed hanno continuato a credere in qualcosa ma che non ha nessun fondamento.
Nietzsche muore nel 1900 , è un precursore, un anticipatore della crisi di identità dell'uomo dello smarrimento, della solitudine del 900 che vedrà le più grandi tragedie della storia umana, le più grandi scoperte scientifiche, la trasformazione dei poteri e si chiuderà in cieco individualismo.
Ciò che muore con Dio è la possibilità stessa di una verità assoluta. L'uomo d'ora in poi deve assumersi la responsabilità del senso delle cose e della proprio esistenza. La resistenza ad accogliere la morte di Dio deriva dal bisogno degli uomini di non essere lasciati soli , essi devono continuare ad avere un punto di riferimento. Gli uomini non sono pronti ad accogliere l'evento della morte di Dio, è un compito che potrà assumersi solo colui che saprà farsi Dio egli stesso, colui che è capace di oltrepassare l'uomo cioè l'oltreuomo, questi andando oltre l 'ultimo uomo è in grado di riconoscere e accettare il crollo di ogni principio assoluto,di ogni certezza,ma soprattutto di reggere il peso dell'eterno ritorno. esso consiste nell'ipotesi che la storia sia un grande circolo,in cui tutti i fatti e gli avvenimenti sono destinati a ripetersi e a ritornare eternamente,e si contrappone alla tradizione lineare del tempo,della tradizione Ebraico- Cristiana, secondo la quale il compimento del senso della vita è rimandato al futuro ,nell'aldilà ,e dunque l'attimo e il presente sono svuotati di significato.
Anche l'opera di nietzsche e l'oltreuomo viene strumentalizzata dal nazismo. Quando muore comincia il processo di falsificazione della sua opera.Ne è regista la sorella Elisabeth. Lei vuole, a tutti i costi, trasformare l'opera del fratello in una specie di base ideologica della destra dell'epoca. Pubblica dei frammenti postumi di Nietzsche selezionati in modo tendenzioso con il titolo “Volontà di Potenza”.Trasforma Nietzsche in un apologeta del potere, in un ammiratore incondizionato del successo, dell'arbitrio più brutale.
Ma tutto questo è una violenza sull'opera di Nietzsche: non è mai stato nazionalista, anzi. Detestava quelli che osannano il nuovo stato "Germania" nato nel 1871. Detestava l'antisemitismo che andava di moda in quell'epoca. Certo, Nietzsche è contraddittorio, alcuni aspetti della sua opera si prestano ad essere interpretati in modo tendenzioso. Soprattutto il concetto di "Übermensch" che è stato tradotto "uomo superiore" o "superuomo" è stato usato dai nazisti identificandolo con l'uomo superiore della razza ariana.
In realtà il concetto di "Übermensch" corrisponde piùttosto ad un "oltre-uomo", cioè ad un uomo che va oltre i limiti posti dalla tradizionale metafisica. Questo "Übermensch" ha, secondo Nietzsche, abbandonato ogni fede, ogni desiderio di certezza, per reggersi "sulle corde leggere di tutte le possibilità". Non subisce i valori tradizionali, bensì crea quelli nuovi. Il "superuomo" di Nietzsche è un uomo senza patria né mèta che ama la ricchezza e la transitorietà del mondo. Questo è ovviamente un concetto dell'uomo che non ha niente a che fare con quello del nazismo.
La storia si è fermata nel 1936. Dopo, è solo propaganda.
(da 1984)
Orwell
Inglese: George orwell
NineteenEighty-four
The threemostimportantaspects of 1984 are:
• The settingis a dystopia: an imagened world thatis far worsethanourown, asopposed to a utopia, whichis an idealplace or state.
• When Orwell wrote 1984, the yearthatgives the book itstitle, he imagened a world consisting of threegreatstat es ratherthanhundred of countries. In the novel the country of Estasia consists of Asia and the far East; Eurasia includes Russia and Europe; Oceania thatisEngland and U.S.A.
• Another of Orwell'screations for 1984 isNewspeak, a form of English that the book'stotalitariangovernmentuses to discourage free thinking. Orwell believedthat, without a word or words to express an idea, the idea itselfwasimpossible to conceive and retain. ThusNewspeakhaseliminated the word "bad," replacingit with the less-harsh "ungood." The author'spointwasthatgovernment can control usthrough the words.
Oceania isruled by the Party whichis led by a dictatorcalled Big Brother and the society is under his control; thereis no privacy becausethere are monitorscalledtelescreenwatchingeverysteppeople take (Big Brother iswatchingyou:watchingdoesnotmean “taking care” but “controlling”). Free thought, sex and expression of individuality are forbiddenbut the protagonist, Winston Smith, illegallybuys a diary in which he begins to writehisthoughts and memories, addressingthem to the future generations. Smith is the last man to believe in human values in a totalitarianage. He tries to write a diary in which private memoryisdefendedagainst the officialattempts to rewritehistory. The noveldoesnotofferconsolationbutreveals the author’ssense of history and sympathy with the millions of peoplepersecuted in the name of the totalitarianideologies of the 20th century.
"Conosco una sola razza, quella umana"
Albert Einstein
Matematica : i limiti
Architettura emozionale: Jüdisches Museum
“Architecture is a language” è questo il concept che nutre l’architettura di Daniel Libeskind e che viene concretizzato attraverso una delle sue più importanti opere:
il Jüdisches Museum
L’architetto ha definito il suo progetto “between the lines” perché è proprio tra una serie di intersezioni di linee che dà vita a un corpo edilizio scultoreo, dal profilo drammaticamente spezzato, che riprende la forma geometrica di una saetta; da qui il soprannome blitz, che in tedesco significa fulmine.Un taglio, una ferita che scolpisce, graffia il disegno urbano della città, si materializza tramite il rivestimento esterno in zinco, anch’esso “squarciato” da aperture oblique di diverse dimensioni. Il museo è un volume che si chiude in se stesso, privo di qualsiasi contatto con la città. L'entrata al museo è stata intenzionalmente resa difficile e lunga, per far rivivere al visitatore il difficile cammino della storia ebraica. L’ingresso è costituito da uno squarcio su una parete bianca e conduce a degli spazi caratterizzati da un gioco di muri bianchi, neri, spigolosi, inclinati che, grazie anche alla luce fredda emessa dai neon, accentuano la sensazione di tensione, di angoscia e di dolore. Una rampa di scale che collega i due edifici,il vecchio e il nuovo, conduce a un sotterraneo scomposto in tre assi, che simboleggia i diversi destini del popolo ebraico: l’asse dell’Olocausto confluisce a una torre denominata la Torre dell'Olocausto; l’asse dell’Esilio conduce a un giardino quadrato esterno, denominato Giardino dell’Esilio; l’asse della continuità, collegato agli altri due corridoi, rappresenta il permanere degli ebrei in Germania nonostante l’Olocausto e l’Esilio. Il percorso che conduce alla torre dell'Olocausto, parte da un muro nero. Il nero diventa il simbolo della tragica assenza di razionalità e amore, il simbolo del “sonno della ragione”. Al termine della strada ci si trova di fronte a un portone imponente, ad li là del quale si apre la torre: una struttura completamente vuota, buia, circondata da alte pareti in cemento. Non c’è nessuna finestra da cui guardare, ma soltanto una stretta feritoia posta in alto, dalla quale riesce a filtrare la luce diurna.È impossibile vedere fuori e capire dove si è, così come accadeva agli Ebrei nei campi di concentramento. L’aria entra attraverso piccoli fori praticati su una parete, che richiamano quelli attraverso cui veniva immesso il gas nelle camere di morte.Simbolica diventa anche una scala metallica a circa due metri e mezzo dal pavimento; mezzo di salvezza e di speranza che ha nutrito gli animi degli ebrei, ma qui è irraggiungibile, così come la salvezza di molti di essi.
Durante il percorso a un tratto la materia si “smaterializza”, il pieno viene svuotato.....solo vuoto,pareti fredde e vuote....
Il vuoto, tema dominante, assume un grande significato: l’impossibilità di colmare secoli di sofferenze e di dolore. Ma a tratti questo silenzio viene interrotto dal suono freddo del metallo: è il calpestio su una fitta e assordante distesa di piccole facce di ferro dalla bocca sbarrata in un urlo.E' la singolarissima opera, "Shalechet" ("Foglie cadute" in ebraico) di Menashe Kadishman, che genera quel rumore, prodotto dai visitatori, invitati dai cartelli a utilizzare l'opera camminandoci sopra. Sono centinaia di tondeggianti pezzi di ferro, forati per creare la traccia infantile di un viso sofferente e buttati per terra come foglie, per ricoprire più volte, su più strati, la superficie del cortile: un'immagine terribile e inquietante del dolore e un modo inusuale di fruire di un'opera d'arte
L'asse che conduce al Giardino dell’Esilio ci porta attraverso una porta vetrata in contatto apparente con l’esterno. Un alto muro di cemento avvolge la superficie quadrata del giardino in modo tale che dall’esterno non si possa vedere nulla. Dentro il giardino, quarantanove colonne quadrate in cemento armato svettano in cielo, recando in sommità degli alberi, definendo una sorta di labirinto che reca anch’esso la sensazione di disagio. Il numero delle colonne serve a ricordare la data di nascita dello Stato di Israele (1948) e la colonna in più, centrale, rappresenta la città di Berlino. Gli alberi, gli olivagni, simbolo di pace, collocati in contenitori stretti (che ne rendono difficile la crescita) rappresentano invece la forza e il coraggio degli ebrei esiliati.L’uso di un piano di calpestio inclinato di sei gradi è stata una tecnica voluta da Libeskind affinché il visitatore provasse la stessa sensazione di straniamento e disagio che hanno provato gli ebrei: camminando tra i pilastri si prova, infatti, una straniante mancanza di equilibrio. Infine, la terza strada è rappresentata da una lunga scala che, col suo moto ascensionale, accompagna il visitatore alle sale espositive disposte su tre piani. Questo è un percorso illuminato attraverso lucernari e finestre laterali.La sua linearità simboleggia la continuità della storia e la consapevolezza del fatto che la vita va avanti, che esiste una speranza di salvezza. Ma, percorrendo la scala, lo sguardo viene drammaticamente “attaccato” da intrecci di travi strutturali inclinate che, come schegge, penetrano nei muri che camminano parallelamente alla scala rendendo lo spazio, ancora una volta, teso ed emozionante. Loro funzione è inoltre quella di ricordare l’imprevedibilità della storia.
Il Museo Ebraico di Berlino testimonia dunque la forza espressiva di un’architettura capace di essere “compresa” senza bisogno di intermediazioni.
Un lavoro personale,vero,sentito...dettato dalle emozioni di un viaggio.
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