IL RAZZISMO


Razzismo

In senso stretto, il razzismo, come teoria della divisione biologica dell'umanità in razze superiori e inferiori, è un fenomeno relativamente recente.

È antichissima, invece, la tendenza a discriminare i 'diversi' (nazioni, culture, classi sociali inferiori), e la principale funzione del razzismo, in tutte le varianti, fu sempre di giustificare qualche forma di discriminazione o oppressione.

Xenofobia ed etnocentrismo in età antica e moderna. Fin dall'antichità molti popoli o gruppi sociali tesero a chiudersi agli altri, escludendo o discriminando i diversi, con un atteggiamento che si può definire xenofobo o etnocentrico più che razzista in senso proprio, per la mancanza di un esplicito riferimento a una superiorità biologica: i fondamenti della propria presunta superiorità erano linguistici, culturali, religiosi. Greci e romani definivano 'barbari' i popoli che non parlavano la loro lingua (bar-bar indicava onomatopeicamente il loro balbettio incomprensibile); l'Europa cristiana perseguitò e ghettizzò per secoli gli ebrei, accusati dell'uccisione di Cristo. Una prima forma di razzismo biologico si presentò dopo la scoperta dell'America, per giustificare lo sfruttamento schiavistico di indios e africani deportati: nel 16° sec. J. Ginés de Sepúlveda distingueva gli uomini (spagnoli) dagli homunculi (indios), simili all'uomo, ma in realtà inferiori e bestiali.

Il razzismo nell'età contemporanea, La prima teoria 'scientifica' della differenziazione biologica dell'umanità in razze fu la classificazione in base al colore della pelle operata da C. Linneo nel 1735.

Il testo che diede un impulso decisivo alla diffusione delle idee razziste fu il Saggio sull'ineguaglianza delle razze umane (1853-55) di J.-A. de Gobineau, che sostenne la superiorità biologica e spirituale della razza ariana germanica. Per H.S. Chamberlain (I fondamenti del 19° secolo, 1900) la storia era un'eterna lotta tra ariani, razza spiritualmente nobile, ed ebrei, ignobili e meschini. L'antiebraismo religioso si era trasformato in antisemitismo razzista, diffuso in gran parte d'Europa, dalla Russia dei pogrom alla Francia dell'affaire Dreyfus. Anche l'evoluzionismo di C. Darwin fu strumentalizzato per cercare di avvalorare le tesi razziste sostenendo che il dominio imperialistico sul mondo dimostrerebbe la superiorità biologica della razza bianca, più adatta ad affrontare la lotta per la vita e la selezione naturale. Inoltre, furono condotte misurazioni antropometriche che avrebbero dovuto rivelare la maggior intelligenza, vitalità e moralità della razza bianca e furono avanzate teorie eugenetiche che invitavano a preservare i caratteri migliori della razza impedendo il meticciato e la riproduzione degli individui peggiori. C. Lombroso, infine, sostenne che gli italiani meridionali sono biologicamente più predisposti alla delinquenza dei settentrionali.
Negli Stati Uniti, nonostante l'abolizione della schiavitù (1865), i neri continuarono a essere discriminati, nonché perseguitati dal terrorismo del Ku-Klux-Klan, fino al 1964, quando un'ondata di manifestazioni antirazziste ottenne il divieto di ogni legge discriminatoria. Ciononostante l'emarginazione sociale, dei neri come degli ispanici, non è ancora del tutto scomparsa.
L'espressione più tragica del razzismo si ebbe nella Germania nazista (1933-45). A. Hitler, che con A. Rosenberg (Il mito del 20° secolo, 1930) riprese le idee di Chamberlain, cercò di realizzare la supremazia della razza ariana riducendo in schiavitù gli slavi ed eliminando gli ebrei, considerati "subumani". La "soluzione finale", decisa durante la Seconda guerra mondiale, portò allo sterminio nei Lager di 6 milioni di ebrei. Anche l'Italia fascista adottò leggi razziali (1938) e contribuì alla deportazione nei Lager degli ebrei italiani. Il nazismo praticò anche l'eugenetica, sterilizzando o eliminando i malati di mente.

Nel dopoguerra, la decolonizzazione liberò molti popoli dall'oppressione coloniale, ma non impedì l'affermazione di regimi segregazionisti, come l'apartheid in Sudafrica, dove la minoranza bianca costrinse la maggioranza nera a vivere segregata nei bantustan. La condanna dell'onu e dell'opinione pubblica mondiale e le battaglie dell'African national congress di N. Mandela portarono all'abolizione dell'apartheid (1990), ma nel mondo continuano a verificarsi situazioni di discriminazione o emarginazione, come quelle degli aborigeni in Oceania o degli indios nel Chiapas messicano. In Europa e in Italia rigurgiti di razzismo si sono ripresentati a fine secolo con le massicce immigrazioni dai paesi più poveri, nonostante gli immigrati costituiscano una risorsa preziosa per il Vecchio Continente. Ha provocato orrore la ripresa negli anni Novanta di pratiche di pulizia etnica, che si speravano scomparse con la fine del nazismo, nella ex Iugoslavia che hanno coinvolto serbi, croati e albanesi del Kosovo. Massacri provocati da conflitti etnici si sono verificati anche in altri continenti, come tra gli hutu e i tutsi in Ruanda (1994).

L'infondatezza del razzismo. I più recenti studi di genetica (L. Cavalli Sforza) dimostrano che le differenze tra le razze sono minime, inferiori a quelle tra gli individui di una stessa razza, e soprattutto che l'intelligenza è uguale in tutte le razze. L'umanità deriva da un unico ceppo che dall'Africa si diffuse nei vari continenti, rafforzando in ogni ambiente i caratteri più adatti e dividendosi pertanto in tipi differenti. L'ONU condannò il razzismo con la Dichiarazione sulla razza dell'UNESCO (1950) e con una Convenzione del 1965 che definì discriminazione razziale ogni differenza, esclusione e restrizione dalla parità dei diritti in base a razza, colore della pelle e origini nazionali ed etniche. Nel 2000 il 21 marzo fu proclamato giornata mondiale contro il razzismo, in memoria dell'eccidio di 69 neri nel 1960 a Sharpeville (Sudafrica). Organizzazioni umanitarie non governative, come SOS Razzismo, nata in Francia ma operante in tutto il mondo, anche in Italia (dal 1989), si battono per sconfiggere il razzismo e ogni forma di discriminazione. Da anni l'Unione Europea invita con direttive gli Stati membri a dotarsi di leggi antidiscriminazione.

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